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La verginità non esiste

La verginità non esiste

La scienza medica lo sa da tempo: la verginità non esiste. Eppure questo mito continua ad essere usato per reprimere la sessualità femminile, negare alle giovani donne alcuni diritti umani fondamentali, generare donne adulte insicure e non consapevoli della propria essenza erotica.

Quello della verginità è un mito antico e persistente, sulla base del quale è stata repressa la sessualità femminile per secoli e secoli, è noto da tempo che è solo un costrutto sociale privo di qualsiasi fondamento medico e anatomico. Eppure continua ad essere alimentato e siamo certi che anche alcuni di voi in questo momento stiano scuotendo il capo esclamando: “non è possibile”.

Cronaca:
Il rapper USA T.I., 39 anni e una fama da sciupafemmine, ha ammesso pubblicamente che sottopone ogni anno la 18enne figlia Deyjah al test della verginità. “La sera, dopo che abbiamo festeggiato il suo compleanno, dopo che le abbiamo dati i nostri regali, metto un biglietto sulla porta della sua camera, che dice: domattina, visita dal ginecologo – ha raccontato in un suo podcast diventato virale – il suo imene è intatto” ha poi concluso con orgoglio.
Potete leggere l’articolo su Elle qui: <–

Il falso mito della verginità continua ad essere usato per reprimere la sessualità femminile

Partiamo da questo spunto di cronaca relativamente recente per dimostrare come un pregiudizio basato su un falso mito non solo sia persistente ma sia ancora oggi utilizzato per reprimere la sessualità femminile ed esercitare il controllo sul corpo delle donne, privandole di ogni diritto all’intimità, alla riservatezza, all’esplorazione del piacere e perfino – nel caso specifico – alla scelta se sottoporsi o meno ad un esame invasivo rendendone noti i risultati a tutto il mondo.

Parliamo di falso mito perché la verginità non esiste. Il ginecologo della figlia del rapper non ha alcun modo scientifico per verificare se la ragazza abbia o meno avuto rapporti sessuali. Come medico non può non saperlo.

Da un punto di vista tantrico, nell’ottica del benessere personale e relazionale, è profondamente sbagliato reprimere una ragazza adolescente nell’esplorazione della propria sessualità, del proprio corpo e del proprio piacere, anche e soprattutto presentandole scenari in cui al primo rapporto sessuale “perde qualcosa” che non potrà recuperare mai più e oltretutto tale perdita accadrà in modo traumatico. È sbagliato perché sono messaggi che restano per tutta la vita e tendono a generare donne adulte insicure sul piano sessuale, inibite e spaventate. Donne che avranno problemi relazionali, sessuali e di vitalità.

la verginità non esiste
È il mancato riconoscimento del proprio diritto di essere “sessuali” di esplorare la personale sessualità e femminilità con i propri tempi e modi, senza dover temere il giudizio dei genitori o di perdere il loro affetto.
Sarebbe altrettanto sbagliato e avrebbe le stesse conseguenze anche se la ragazza fosse molto più giovane. Perché il nostro essere sessuali inizia dalla primissima infanzia e va rispettato. Non c’è nulla di meno tantrico della repressione della sessualità. Significa bloccare l’energia vitale e spegnere la gioia di essere vivi. Nei nostri corsi tantrici insistiamo molto su questo aspetto e sulle modalità per sanare da adulti questo blocco infantile, al fine di impedire che limiti e condizioni la vita erotica e relazionale.

Nel terzo millennio, purtroppo, si propaga ancora la fandonia della verginità come elemento prezioso e fisiologicamente accertabile. La fandonia dell’imene come una pellicola che sigilla l’ingresso della vagina garantendone la purezza, una pellicola la cui integrità può essere appurata con esame fisiologico visivo o inserendo due dita in vagina per sentirne la presenza.
La pellicola in questione, sempre secondo il mito, si rompe e sanguina in occasione del primo rapporto sessuale completo e da quel momento l’imene diventa un sigillo lacerato ben distinguibile da uno integro.

Ci viene da commentare con una certa ironia che per tornare completamente indietro di due secoli manca solo la dicitura finale: al pene del marito spetta il diritto esclusivo di rompere il sigillo di garanzia della sposa!

I test di verginità con emissione di relativi certificati sono purtroppo praticati in molti paesi del mondo, anche in quelli emancipati e industrializzati. Vi lasciamo immaginare quanto sia degradante e umiliante un tale tipo di visita per le donne, al punto che il dipartimento della salute dello stato di New York la paragona giustamente a uno stupro.
Queste certificazioni sono basate su un doppio mito, oltre a quello dell’imene come sigillo di garanzia, c’è anche quello delle pareti vaginali che si allargano dopo il primo rapporto sessuale. Anche questa è una fandonia. Ciò non impedisce a migliaia di ginecologi e medici in molti paesi del mondo, fra cui gli USA, di infilare le dita nella vagina delle ragazzine per dare ai parenti maschi o aspiranti mariti un responso di verginità o non verginità del tutto privo di fondamenti medici e scientifici.
Esistono perfino cliniche che offrono la possibilità di riparare l’imene, riportandolo alla sua condizione originale. Sono tutte fandonie e tutti coloro che agiscono in ambito medico per trarne profitto andrebbero perseguiti. Proprio perché la scienza dice tutt’altro.
Tutte queste donne abusate e traumatizzate, tutta questa energia sessuale femminile repressa, meriterebbero ben altra considerazione sul piano internazionale e ci dimostrano come siamo lontani da una società libera di uomini e donne libere.

Per chi ha ancora dei dubbi

La comunità scientifica e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) concordano nel dire che non ci sono metodi scientificamente attendibili per conoscere la vita sessuale di un’altra persona.
– Anzitutto l’imene non è una pellicola che sigilla la vagina e nei rarissimi casi in cui ciò avviene, si tratta di una grave condizione patologica che ha bisogno di un intervento chirurgico di apertura, altrimenti il flusso mestruale non può fuoriuscire con pesanti conseguenze per la salute della donna che ne è affetta.
– L’imene è un tessuto molto elastico, ripiegato più volte e con una serie di fori, che permettono la penetrazione. La sua forma, la sua elasticità ed il suo colore cambiano da donna a donna. Uno studio pubblicato nel 2002 su Journal of Pediatric and Adolescent Gynecology ha identificato, in un campione di 147 bambine in fase pre-menarca, almeno cinque diverse tipologie di imene: anulare (53%), mezzaluna (29.2%), a risvolto di manica (14.9%), settato (2%), altro (imperforato, cribroso) (<1%). Come se non bastasse, l’imene cambia forma nel corso della crescita della persona. Quindi “imene intatto” è un’espressione priva di significato.
– Durante un rapporto sessuale può subire delle microlacerazioni che guariscono da sole senza lasciare alcuna traccia.
– È impossibile sul piano medico, distinguere l’imene di una donna che non ha mai avuto rapporti sessuali da quello di una donna che ne ha avuti molti.
– L’imene si può rompere durante il parto (ma non sempre avviene) o in caso di violenza sessuale.
– Il sanguinamento in conseguenza del primo rapporto non è affatto “normale”, le statistiche affermano che almeno la metà delle donne riferiscono di non averlo sperimentato affatto.
– Non è l’imene a sanguinare e neanche è la sua rottura a provocare dolore, perché ha pochissimi vasi sanguigni e non ha terminazioni nervose.
– Dolore e sanguinamento nei primi rapporti sessuali sono dovuti a lacerazioni delle pareti vaginali, dovute alla scarsa lubrificazione e alla contrazione muscolare. Se la vagina è lubrificata e dilatata, e se si fanno le cose con calma, anche al primo rapporto sessuale non c’è nessun motivo per provare dolore e sanguinare.

Allora come si fa a sapere se una donna è vergine?
Anzitutto sono fatti suoi. Nessuno ha il diritto di saperlo se lei non vuole condividere questa informazione. Neanche suo padre o sua madre. E l’unico modo per saperlo è domandarlo alla diretta interessata. Se avrà voglia di rispondere, lo farà e in tal caso la sua parola deve essere sufficiente.

Perché si continua a dar voce a questo mito? Perché, ad esempio, nella letteratura rosa, perfino in quella erotica, la protagonista – rigorosamente vergine – sperimenta dolori lancinanti e sanguinamenti abbondanti, anche se il super competente partner trascorre ore nella preparazione del rapporto?
La letteratura diretta alle donne ha una matrice patriarcale e la si deduce chiaramente anche da dettagli come questo, oltre che dal tipo di rapporto sentimentale che viene descritto, sempre sbilanciato in favore del maschio dominante-salvatore-amante esperto.
Oltre che rassicurare quelle lettrici che hanno avuto una prima esperienza sgradevole, descrivere la prima volta in questi termini ottiene come benefit secondario quello di terrorizzare le giovani lettrici, continuando ad alimentare la repressione e il controllo della sessualità femminile. Almeno, anche se è poca consolazione, le procedure preparatorie al rapporto sono descritte in modo corretto.

Raccontare della perdita della verginità come di un atto piacevole, privo di dolore e di sanguinamento sarebbe fonte di scandalo sia per chi non lo ha sperimentato in questo modo, sia per chi è stato allevato credendo nel mito e tale mito desidera trasmettere alle generazioni future. Ecco come si tramanda subdolamente il patriarcato, perfino nella nostra epoca.

Quando leggete di penetrazioni in cui si sente la barriera rompersi e di fitte lancinanti e dolori che tolgono il fiato, seguiti da interminabili sanguinamenti… fatevi una risata e soprattutto fatela fare alle vostre figlie e nipoti. Liberatevi e liberatele da questo condizionamento.


«Verginità non è un termine medico, non lo si trova nei grandi trattati di anatomia, è un costrutto sociale».
Eugenia Tognotti, docente di Storia della medicina e della sanità pubblica all’Università di Sassari, interpellata dal British Medical Journal


«La credenza che nella vagina si trovi una sottile membrana che costituisce una barriera e che questa membrana venga rotta dolorosamente al momento della deflorazione o quando il mestruo defluisce con troppa rapidità, e infine che la malattia detta atresia [occlusione] sia causata dal fatto che essa continui a sussistere o sia troppo spessa: tutte queste credenze sono errate.»
Sorano d’Efeso, II secolo d.C., trattato sulla Ginecologia


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